Questo testo ha sempre accompagnato le fotografie che seguono, non voglio rivederlo, toccarlo, è un pensiero che sento affiancare queste immagini da sempre.
“Parto per fotografare i bagnini d’inverno. voglio vedere che fanno, dove vanno a sbiancare l’abbronzatura. Arrivo a Rimini e i bagnini non ci sono: “mò shòno in Tailandia” mi viene detto.
I “ragassini” che d’estate affollano le rive invece, sono a scuola; l’animazione, il divertimento, i ristoratori, la musica, le radio, i bikini, niente, nada, caput, sono in centro, normalizzati, mimetizzati agli italiani invernali.
Arrivo a Rimini e scopro cosa vuol dire Vuoto. Bianco. Fermo. Disuso. Elegante. Congelato. Gabbianella. Vento. Spa. Bellissimo. Freddo.
Chilometri di meraviglie abbandonati, amori stagionali da rimandare a Maggio. Miliardi di granelli di sabbia liberi di spettinarsi al vento, senza ombrelloni, spinning, gioco aperitivo, palette e secchielli, panini, sigarette, baci, abbracci, ciaf, “Coccobèllo”.
Silenzio soltanto. Colori scelti da uno bravo, che a capire chi è gli si farebbe volentieri i complimenti: il bianco del legno pitturato bene e male, il grigio giallastro della sabbia, il verde adriatico del mare, l’azzurro. il blu, rosso quà e là sulle bandiere e sulle zampe di uccelli grigi.
Gli umani non c’entrano nulla, non ora.
Provo a fermare qualche viso, qualche passante. Niente da fare.
Queste foto sono prive di esseri umani, ma piene di umanità in letargo.”















